hanno scritto di lei:

ulrico s. montefiore

luca pietro nicoletti

francesca pensa

giovanni cerri

sandra marzorati

 
Ulrico S. Montefiore

Per quattro anni Novella Bellora ha frequentato il corso di "arte decorativa" da me condotto presso l'Accademia di Brera. Ho potuto subito constatare il fervore della studentessa e successivamente seguirne gli sviluppi, incuriosito dalle frequenti escursioni su quel particolare terreno della fantasia che doveva diventare il suo modo di rapportarsi al lavoro creativo. Probabilmente, per Novella, un periodo di elevato incanto: la sottile felicità d'inventare i luoghi del proprio futuro. Per me, invece, il costante stupore di vedere coniugata in lei, una robusta propensione alla ricerca a insolite capacità per l'improvvisazione. Fantasia e arte appaiono spesso mescolate, quasi fossero la stessa cosa. Ma quanto ha a che fare con l'immaginazione, per Novella Bellora resta l'orientamento di fondo. Quasi il fiducioso lasciarsi andare alla seduzione di cose percepite nella mente, prima ancora di reperire mezzi adatti per esprimere la controparte visiva di quelle stesse percezioni. Una traiettoria, la sua, evidentemente ricca di avventura.
Conosco Novella bene; quale allieva, pertanto, poi come amica. Inevitabilmente questo rende me la persona meno indicata per illustrare i meriti che oggi, senza dubbio, le appartengono di diritto. Mancanza del distacco prospettico nei suoi confronti, il mio; con il timore aggiunto di considerare il suo lavoro con gli occhi dell'affetto che le porto, della tenerezza con la quale ho potuto assistere alle sconcertanti vicissitudini che costituiscono il suo impegno artistico. Sconcertanti per la quantità di enigmi che pone il suo modo di procedere: le imprevedibili soluzioni a quesiti formali impostati razionalmente e successivamente affrontati tramite scelte chiaramente ispirate.
Ancora oggi, nell'accostarmi alle opere da visionaria, allestite alle pareti del suo studio milanese, proverei difficoltà a commentarle compiutamente. Sta di fatto, che non si attaglia a Novella quanto i critici solitamente scrivono sugli artisti e sulla loro arte. Un approccio convenzionale male si adatterebbe ad un'arte che convenzionale non lo è affatto. Personalmente mi sento inclinato a riflettere su quanto preso a chiamare: il mistero Bellora, stimolato dalla dimensione lirica che la giovane artista coltiva dentro di sé, e che sa poi riversare su ogni cosa che tocca. Proprietà che trae origine, verosimilmente, da condizioni interiori di non facile interpretazione. In effetti, non ho mai capito bene quanto in lei provenga da coordimanento e la porzione dovuta invece alle intuizioni che trova come apparecchiate davanti ai propri occhi, così a portata di mano. Pulsioni visive, si direbbero. Ma c'è dell'altro; sicuramente.
Sapendo di come Novella annoti taluni riflessioni che le vengono in mente, ho chiesto di leggere le sue carte. Chiose, tuttavia, che rivelano ben poco; che invece celano ulteriormente i segretissimi luoghi deputati al sogno, all'estasi, alla miracolosa fantasia dei privilegiati. Perché sono luoghi di gioia non sempre estensibili ad altri, ma dove lei l'artista, custodisce panorami inventati e galassie scoperte per caso. I paesaggi incantati di Novella Bellora e le galassie dei suoi dripping sono come giardini che attendono.
Del mondo che la circonda, Novella dichiara alcune predilezioni: Matisse, per esempio. Che poi subito trascende con volizioni inattese, ignorando affinità accertate o presunte similarità. Un tipo di emancipazione, questa che a me piace: è godimento della libertà allo stato puro.
Continuo a chiedermi quali siano le circostanze interiori a favorire tali libertà nell'impianto delle sue opere. Libertà di trovare senza troppo cercare, o godere di certezze cromatiche ben meditate alla stessa stregua dei gocciolamenti resi arcani dalla loro stessa imponderabilità. Forse l'assunto giace altrove. Perché qualcosa di Novella Bellora, qualcosa di molto intimo e prezioso, di cruciale direi, sembra domiciliato in un paradiso remoto, irraggiungibile per percorsi ordinari; qualcosa che piove fino a noi, talvolta, quale riverbero di una grazia primaria che vive di luce propria. È battito dorato di fantasia senz'argini; quella di tutti i poeti. Affidare solo al contatto personale con Novella Bellora, la possibilità di penetrare la struttura portante della sua arte e i significati che ne conseguono, porterebbe a giudizi imprecisi. Del resto, questo vale per ogni artista eppure, se da un lato viene negato l'accesso all'inconoscibile, dall'altro io credo sia agevolata la comprensione del beneficio che al genere umano proviene dalla sua naturale connessione alla trascendenza. Dalla sua dipendenza da essa, infatti. Ne deriviamo quasi la prova ontologica dell'Origine di tutti i beni, fra i quali il conforto dell'arte e l'istinto per la bellezza. Sarebbe utile considerare come questa dipendenza, che sembra porsi quale limite, spieghi invece moltissimo. Come spiega moltissimo, ben più che le parole, la naturalezza piena ed ispirata, che spinge Novella lungo l'ascesa a lei assegnata da una Sapienza molto benevola.

Aprile 2006 - Ulrico S. Montefiore
 
kreativia 2010